giovedì, Marzo 28, 2024

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Riflessioni sullo smart working: Parte 2

Oggi tratteremo insieme al dott Bellucci una seconda riflessione su alcuni aspetti dello smart working. Per chi non avesse letto il precedenti articolo li trova qui.

Una paura nei lavoratori e che genera uno scetticismo al cambiamento è l’idea che l’imprenditore possa fregarli. Questo problema effettivamente è esistito, finché non è stata istituita la legge 81/2017 che introduce nel nostro ordinamento proprio lo smart working, definendo poche regole ma semplici.

La paura dei dipendenti aziendale è il poter potenzialmente lavorare di più rispetto all’ufficio come numero di ore. Ci si è posto il problema e si è arrivati a dedicare uno specifico articolo il 20 proprio per tutelare le persone ed evitare questi abusi tutelando i diritti delle persone.

L’art 20 è stato voluto al solo scopo di tutelare la parità di trattamento economico-normativo dei lavoratori agili (cioè in smart working) rispetto agli altri lavoratori “tradizionali”, ossia quelli impiegati esclusivamente all’interno dell’impresa per le stesse mansioni.

Inoltre è doveroso precisare che il richiamo implicito dell’art 20 si riferisce alla contrattazione di qualsiasi livello, nazionale, aziendale e territoriale, purché stipulata dai soggetti sindacali comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. (qui).

La contrattazione collettiva sullo smart working, settori trainanti italiani

Tuttavia non è escluso che la contrattazione collettiva possa regolare i poteri datoriali, di direzione e di controllo e di disciplina ex post di cui all’art 19 della legge, andando a ridimensionare il ruolo dell’autonomia individuale.

Per il momento gli interventi della contrattazione collettiva nazionale sono prevalentemente concentrati nel settore alimentare (Barilla, Ferrero, Nestlé, Parmalat, San Pellegrino), in quello energetico (A2A, ENEL, ENI, GDF Suez Energia Italia, Petronas Lubricants Italy, Snam) e in quello bancario-assicurativo (Axa, Banca Popolare Etica, Banca del Piemonte, BNP Paribas, Cariparma, Crédit Agricole, Intesa San Paolo, Reale Mutua Assicurazioni, Unicredit, Zurich).

Interventi della contrattazione collettiva non mancano poi in alcune aziende altamente tecnologizzate (Gruppo Telespazio/e-Geos, Siemens, Schneider Electric). In questi casi, prevalgono ancora iniziative unilaterali, tendenzialmente rivolte ai soli profili professionali più qualificati (o maggiormente affini alle logiche dello smart working. Sicuramente introdurre lo smart working per un/una contabile è più immediato e facile rispetto ad un magazziniere.

Questi accordi disciplinano in modo più o meno organico e sistematico, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1322, comma 1, del Codice Civile in materia di autonomia negoziale privata , questo modello di organizzazione del lavoro.

Analoga indagine è stata effettuata nel gennaio 2016, in vista dell’avvio del dibattito parlamentare sulla regolazione della fattispecie, ne aveva individuati soltanto otto e tutti a livello aziendale (qui).

Caso della la società Bassilichi SpA (mercato dei pagamenti e servizi business): lo smart working e la riduzione dei costi.

La società Bassilichi SpA, uno dei principali operatori nel mercato dei payments e dei business services, ha stabilito un proprio del piano industriale 2015-2018.

In quest’ultimo erano emerse necessità di avviare processi di efficientamento strutturale e di cost saving in particolare con riguardo alla logistica delle sedi. Infatti per motivi aziendali era prevista la chiusura della sede di lavoro di Pisa e il contestuale trasferimento dei relativi lavoratori presso la struttura aziendale di Firenze.

All’esito del confronto sindacale e istituzionale la Società aveva considerato che i lavoratori essendo residenti/domiciliati in provincia di Pisa, Lucca e Livorno, avrebbero patito non pochi disagi a causa del trasferimento presso la sede fiorentina.

Si è resa disponibile ad approfondire l’ipotesi di consentire a parte dei dipendenti lo svolgimento delle mansioni assegnate in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio privato oppure in un centro di telelavoro (anche) alla luce delle recenti evoluzioni di forme di flessibilità organizzativa sperimentali.

Qualcuno potrebbe definirlo il miracolo di Natale.

Dunque è stata data la possibilità ai lavoratori le cui mansioni sono state ritenute esercitabili anche all’esterno dei locali aziendali in modalità telelavoro o smartworking di prestare l’attività lavorativa presso spazi di “coworking” specificatamente individuati, attrezzati e convenzionati, con spese a carico dell’Azienda.

L’accordo, concluso in una data antecedente a quella di promulgazione della L. 81/2017, ha carattere sperimentale e transitorio. Le parti contraenti, pertanto, hanno definito di rincontrarsi al termine del periodo di sperimentazione al fine di esaminarne le risultanze e pianificare eventuali correttivi e proroghe al sistema in essere. (M. Tiraboschi, Il lavoro agile tra legge e contrattazione collettiva: la tortuosa via italiana verso la modernizzazione del diritto del lavoro, Università di Modena e Reggio Emilia, 2017)

Contrattazioni nazionali del lavoro e smart working due approcci diversi di avviamento del processo per i lavoratori.

Sorvolando in questa sede sugli ulteriori particolarismi operativi adottati nel caso specifico (es. recesso, indennità, etc.), non si può negare come l’esperienza riportata in sintesi sia molto interessante, in un’ottica di relazioni industriali, soprattutto in considerazione del nuovo impianto normativo di cui alla L. 81/2017.

Gli aspetti aziendali valutati con maggiore attenzione e considerati come motivi di preferenza sono: il maggior tempo di percorrenza casa-lavoro e, nel maggior numero dei casi, le particolari esigenze conciliative dovute a ragioni familiari o alla necessità di sottoporsi a cure mediche, in genere accorpate nella più generica categoria delle esigenze familiari.

Queste esigenze di tutela trovano realizzazione e considerazione in modo e misura diversa a seconda dei contratti collettivi, i quali pare possano essere raggruppati in queste macro-categorie.

1) accordi in cui le ragioni che legittimano la preferenza costituiscono veri e propri criteri di accesso alla sperimentazione;

2)accordi in cui i criteri delineati configurano criteri di priorità all’interno di una più ampia platea di lavoratori potenzialmente coinvolta nella sperimentazione.

3) accordi in cui alcuni casi i criteri di priorità vengono anche sfruttati per misurare diversamente il quantum della prestazione in regime di smart working richiesta ai lavoratori.

Alla prima categoria appartiene il V verbale di Accordo sullo smart working, Chimici Gruppo Eni (6 febbraio 2017), in cui vengono individuati come destinatari le neomamme, i neopapà e i genitori con figlio in adozione o affidamento preadottivo. Inoltre in una espressa clausola si riporta che è in corso di valutazione la sperimentazione dello smart working a vantaggio di soggetti che presentano patologie di una particolare gravità.

Nettamente più cospicuo il secondo gruppo a cui appartengono accordi in cui, ad una più estesa platea di lavoratori di volta in volta delineati, e vengono riconosciuti dei criteri di priorità aventi ad oggetto talvolta la rilevante distanza casa-lavoro, talvolta le esigenze personali, talvolta entrambe. 

In pratica si fa presto a dire smart working, ma ci sono mille sfumature diverse che si adattano giustamente ad aziende diverse e che mutano nel corso del tempo insieme alla proprie esigenze.

 

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