venerdì, Marzo 29, 2024

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Digitale alleato del fashion per uscire da crisi post-Covid

Se quello del fashion è uno dei settori più colpiti dalla pandemia, ancora una volta il digitale rappresenta un alleato fondamentale per uscire da questa crisi. Nel mondo della moda, infatti, sono in atto una serie di cambiamenti volti a migliorare tutti i processi aziendali e a promuovere nuovi modi di lavorare in cui al centro vi sono appunto innovativi strumenti digitali. Le catene di fornitura, per esempio, sono spesso molto lunghe e articolate e comprendono sia piccoli artigiani locali sia fornitori lontani. Come per il distretto della pelle in Toscana o i semilavorati e prodotti finiti tipici dei paesi Far East. La gestione in digitale dei fornitori, acquisti e contratti può aiutare le aziende a garantire qualità, governance e continuità nei processi di approvvigionamento e di riflesso nella produzione.  

“E’ stato evidente durante la recente pandemia: le aziende che erano già attrezzate per gestire da remoto ricerca, qualifica, selezione e valutazione dei fornitori e della loro intera catena sono riuscite, ad esempio, a garantire la business continuity e trovare più facilmente e velocemente alternative di fornitura adeguate ove necessario”, commenta Matteo Ambrosioni, Account Executive di Jaggaer, azienda leader in tecnologia per i processi di procurement.  

“Grazie a software specifici per il settore fashion, quali Jaggaer One, si possono ridurre i rischi di fornitura, aumentare la governance e la sostenibilità di tutta la supply chain. Il futuro è digitale e le aziende italiane devono potenziare la leva digitale per crescere in competitività e rilanciare il made in Italy nel mondo. Speriamo che gli investimenti sul digitale promessi dal recovery fund si concretizzino, accelerando questo processo di innovazione”, aggiunge.  

Accanto alla digitalizzazione della supply chain, ottimizzazione della produzione e personalizzazione del rapporto con i clienti sono altre leve fondamentali che possono traghettare il settore della moda fuori da questa crisi. “Il mondo Fashion oggi – sostiene Romeo Quartiero, fondatore e Ceo di Ds Group – fa i conti con un’accelerazione di trend che richiede nuovi strumenti tecnologici per affrontare il cambiamento e per garantire ai propri clienti un’esperienza totale, sia digital first che remote first. Il concetto di ‘vendita a distanza’ è nato con il Covid19, prima avevamo l’e-commerce e il negozio fisico, ora abbiamo questo nuovo canale che apre le porte e a una nuova forma di economia che spesso noi siamo abituati a chiamare smart economy. Oggi proponiamo al mercato del Fashion e del Luxury un nuovo tool di Distance Sales che consente al consumatore di non rinunciare all’esperienza di acquisto sviluppando un nuovo tipo di interazione con il brand. Al contempo, rappresenta un canale di contatto e di vendita che può essere personalizzato e brandizzato dalle aziende del settore”.  

Un altro grosso trend che sta caratterizzando il mondo della moda e in cui è sempre più fondamentale il ruolo della tecnologia è la creazione di poli d’eccellenza. Le aziende del Fashion si stanno mettendo insieme al fine di essere sempre più competitive sul mercato.  

“I processi di concentrazione – conferma Luca Cuomo, partner dello studio legale Dwf – continuano a caratterizzare la filiera. Dapprima si è visto un processo di concentrazione dei brand, vedi in particolare la costruzione del gruppo Kering e del polo Lvmh, adesso il processo si è spostato al cosiddetto secondo livello, ovvero i fornitori di questi grandi gruppi. La creazione di Florence Group, eccellenza del made in Italy, da parte di Vam investments e del fondo italiano d’investimento, si muove in questa direzione. Per poter ‘dialogare’ ed essere in grado di soddisfare le esigenze dei brand, i fornitori devono offrire altissimi livelli di qualità, ma anche rispetto delle normative e la tracciabilità dei processi produttivi. La filiera deve essere sotto controllo. In questo la digitalizzazione e l’utilizzo della blockchain sono un motore essenziale, ma queste innovazioni richiedono capacità d’investimento che le piccole imprese non possono permettersi, per cui la via è la creazione di poli d’eccellenza che possano supportare le esigenze del mercato”. 

Adnkronos

 

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