venerdì, Aprile 19, 2024

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Diffamazione sul web come difendersi

Ormai uno dei principali social nel Mondo sta iniziando “ad invecchiare”, infatti Facebook è stato fondato nel lontano 2004. Ben 15 anni fa. Il mercato dei social è fortemente evoluto e sta iniziando a diventare più maturo. Se inizialmente internet era una terra di nessuno, oggi si sta iniziando a capire che il digitale è reale e le nostre azioni hanno delle conseguenze. 

Un comportamento legalmente “sbagliato” in una piazza pubblica è equiparato ad un piazza virtuale o digitale che sia un post su Facebook o una chat di gruppo di WhatsApp.

Nuova era digitale con conseguenze reali

Possiamo ormai definire conclusa l’era del far west (tipo quello dei cowboy, la corsa all’oro e gli indiani) digitale. Dopo anni di abusi abbiamo una giurisprudenza chiara e che punisce i comportamenti penalmente. La diffamazione online è un reato odioso e che rovina la vita delle persone con conseguenze anche molto gravi. 

Per questo motivo ho voluto scrivere un articolo con il p.Avv. Camilla Marotta che si interessa dell’ambito legale relativo al mondo digitale nonché del diritto della proprietà industriale ed intellettuale. 

È notorio che trascorriamo gran parte del nostro tempo dietro uno schermo, sia esso della tv, pc, smartphone ecc. Questo avviene ormai sia per svago che lavoro. 

Essere dietro uno schermo ha dato tuttavia l’impressione errata che le nostre azioni fossero totalmente libere, con una conseguente deresponsabilizzazione degli utenti nel mondo digital.

Un esempio è ciò che avviene sulle piattaforme social. Questo distacco fisico infatti ha portato all’uso commenti offensivi non stimando correttamente le gravi conseguenze che, talvolta, possono scaturire da un semplice “click”.

Normative italiane sulla diffamazione online

Di qui la necessità di adattare la portata delle disposizioni legislative alle molteplici situazioni prospettate a seguito dell’evoluzione digitale e tecnologica.

Un chiaro esempio è rappresentato dalla disciplina del reato di diffamazione (ex. art. 595 codice penale) che ha visto ampliarsi la tipologia dei mezzi attraverso cui è possibile essere diffamati. 

Ma cosa s’intende esattamente per reato di diffamazione? Chiunque, comunicando con più persone, se offende l’altrui reputazione, commette tale reato. Che sia in piazza o sui social, non cambia la sostanza.

Si tratta di un reato a forma libera, ogniqualvolta si leda la reputazione di un soggetto anche in sua assenza, con qualsiasi mezzo idoneo.

Dunque, riassumendo, per delinearsi tale reato occorre:

1. la sussistenza di un dolo generico da parte dell’autore, da intendersi come idoneità offensiva delle espressioni utilizzate;

2. la consapevolezza di comunicare con più persone;

3. l’assenza del soggetto passivo coinvolto.

Da qui anche il nostro invito a capire che non siamo più negli anni 60. 

Rientrano tranquillamente come offese parole come “Neg..” per le persone di colore, o “Fr–” per le persone omosessuali. Non reggerà più la scusa “eh ma ho anche amico così e coli” oppure “eh ma io non intendevo essere offensivo”. 

Bisogna aggiornare il linguaggio, così come chiamiamo il pc in questo modo e non più ordinatore elettronico, possiamo iniziare ad usare un lessico più moderno e meno sessista o razzista o omofobo.

Conseguenze legali della diffamazione online

In linea generale la pena consiste nella reclusione fino ad un anno o nella multa fino a 1.032 euro. Non poco per un secondo e click folle in un post di Facebook.

Tuttavia, sono previste delle ipotesi aggravate in cui la pena aumenta. 

Schematizzando: 

– se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065; In pratica mi invento che una persona abbia fatto o detto qualcosa, da qui la necessita di verificare le fonti.

– se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero con atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516; Questo punto rientra anche la comunicazione tramite internet e dunque anche i social (qui)

– se l’offesa è recata ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono ulteriormente aumentate (qui). 

Dottrina e giurisprudenza risultano essere concordi nel ritenere che la diffamazione, si configuri qualora il delitto sia commesso mediante i nuovi mezzi digitali, ricorrendo tutti gli elementi necessari su esposti.

Sul web, infatti, il principio di libera manifestazione del pensiero, garantito dall’art. 21 della Costituzione, trova uno dei suoi limiti nel rispetto dell’onore della persona. Quindi sappiate che le chiacchiere da bar, in cui ci si fa scudo del diritto di libertà d’opinione per offendere le persone non è valida penalmente.

Quindi non potete in nome della vostra libertà vomitare il vostro odio e violenza verso gli altri danneggiando la loro libertà.

Al riguardo, la Suprema Corte di Cassazione con riferimento a contenuti diffamatori diffusi mediante pubblicazione su siti web, social network o altri spazi aperti al pubblico virtuale, ha affermato che “il mezzo di trasmissione-comunicazione adoperato (appunto internet), certamente consente, in astratto, (anche) al soggetto vilipeso di percepire direttamente l’offesa, ma il messaggio è diretto ad una cerchia talmente vasta di fruitori, che l’addebito lesivo si colloca in una dimensione ben più ampia di quella interpersonale tra offensore e offeso”. (qui e qui)

Come difendersi dalla diffamazione online?

Dunque, se si è vittima di una diffamazione online quali sono i mezzi per difendersi?

Innanzitutto, occorre sapere che il reato disciplinato dall’art. 595 c.p. non è procedibile d’ufficio ma su querela di parte, ciò significa che la persona offesa deve manifestare la volontà che si proceda penalmente contro il colpevole. Dunque rivolgetevi ad un avvocato! Banale da dire, ma importante sottolinearlo.

In aggiunta all’azione penale, inoltre, è possibile agire anche in sede civile al fine di ottenere il risarcimento danni.

In ambedue le ipotesi occorre raccogliere materiale probatorio che abbia valore legale, ossia che possa essere fatto utilmente valere in sede processuale.

La raccolta di screenshot o la stampa di pagine web sono sicuramente dei validi elementi tuttavia, non essendo possibile garantire la loro origine con dati tecnici rigorosi, sono soggetti totalmente e insindacabilmente alla libera valutazione da parte del giudice. È consigliabile, dunque, richiedere una copia autentica della pagina web al fine di ottenere la loro piena validità sul piano probatorio ed evitare il possibile disconoscimento ad opera della controparte. Per fare ciò bisogna depositarne copia autenticata da soggetti abilitati come notai, avvocati e consulenti tecnici forensi con firma digitale e marcatura temporale (qui).

Ci sono anche dei siti specifici per ottenere una copia autentica di pagina web senza dovervi per forza recare fisicamente dal professionista, qui e qui trovate due esempi.

 

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