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Decisioni emotive nella vita e il danno della disinformazione

Spesso ho trattato il tema delle fake news e mi sono posto il problema di capire come sia possibile che le persone possano essere convinte così facilmente che gli “asini possano volare”. La battuta sarà anche “cattiva”, ma qui c’è gente che rischia di far morire le persone quando sono a proprio carico, allora lì la questione diventa immediatamente seria ed oggetto di approfondimento.

Non è solo una questione di livello di studio. Anche laureati vivono in questo stato di ignoranza e portano avanti convinzioni che sono false. In Italia abbiamo per esempio “medici che credono nell’omeopatia” che non è scienza riconosciuta. Eppure “In Europa più di 100 milioni di persone utilizzano l’omeopatia e 50 mila sono i medici omeopati che la esercitano” (qui).

Perché apprendiamo fake news o distorte?

Il problema è nel modo in cui ragioniamo in quanto esseri umani. Quando ci sono domande complesse ragioniamo in modo emotivo. Questo avviene poiché siamo abituati spesso a dare una risposta anche quando non nè abbiamo una valida, dunque la inventiamo o accettiamo cose palesemente false purché comodo da accettare. Si chiama euristica della disponibilità

“L’Euristica della disponibilità è una scorciatoia mentale che si basa su esempi immediati che arrivano alla mente di una determinata persona quando valuta un argomento, un concetto, un metodo o una decisione specifici.” (Wikipedia, fonti 2 articolo di riferimento).

In pratica possiamo dire che un’idea sia valutata come importante e rilevante “in base alla fluidità (e alla carica emotiva) con cui viene in mente” (qui). Questo fenomeno viene a manifestarsi (in modo spesso spontaneo) nella comunicazione. Dunque i mass media (giornali, televisioni, social ecc.) tendono a dare visibilità e rilevanza a eventi minori che assumono una certa rilevanza arrivando perfino ad attivare caos mediatico e iniziative di istituzioni pubbliche. Trattare una notizia non per rilevanza, ma come potenziale prodotto che possa innescare attenzione, indignazione, pietismo ed empatia (a priori che sia vera o meno la notizia in sé).

Come funziona il cervello nella percezione del rischio?

Un esempio riportato sempre da Kahneman (Premio Nobel per l’economia nel 2002) nel suo “Pensiero lenti e veloci” (qui) fa riferimento ad una scarsa capacità di avere un chiaro realistico delle probabilità che una situazione o evento si verifichi.

Non conoscendo i dati, diamo una risposta emotiva. Un esempio molto interessante è quella legata alla probabilità che si realizzi un incidente. Ragionando su alcuni esperimenti, vediamo come elementi più “vicini” a noi tramite l’esperienza diretta o quella filtrata dai media influenza la nostra percezioni delle cause di morte rispetto al loro reale impatto che emerge dai dati.

Citando l’opera e i suoi riferimenti per esempio:

  1. “Un ictus provoca quasi il doppio dei decessi di tutti gli incidenti messi insieme, eppure l’80% lo giudicava più probabile una morte di tipo accidentale;
  2. L’asma è venti volte più letale di un tornado come numero di morti;
  3. La morte per fulminazione è 52 volte più probabile che per botulismo (Intossicazione alimentare acuta da tossine);
  4. La morte per malattia è 18 volte più probabile di quella per infortunio;

La morte per incidente era ritenuta oltre 300 volte più probabile di quella per diabete, in realtà il rapporto è solo 1 a 4″. (Kahneman Pensieri lenti e veloci. p.184). Inoltre il nostro pensiero è influenzato dalla nostra esperienza,dunque se c’è stato un recente evento catastrofico di un aereo la nostra percezione di rischio che un aereo possa cadere aumenta sensibilmente ( ha perfino un nome questa situazione: effetto recency).

Inoltre va anche detto che esiste un particolare funzionamento per cui se vedi o scopri una cosa nuova su cui rifletti poi la riconoscerai più facilmente attorno a te. Avete mai avuto un’automobile o vestito nuovo? Una volta acquistato è più facile ritrovarlo per strada, o meglio in realtà sono gli stessi di prima numericamente ma ci fate caso! Questo effetto Baader-Meinhof si chiama e viene sfruttato molto anche nella pubblicità e cartellonistica (qui per approfondire)

Un caso di studio: Criminalità in Italia tra realtà e percezione

In Italia manca una cultura del dato e spesso ci adagiamo a facili soluzioni ed opinioni non basate minimamente sui dati. Un caso eclatante è quello della piccola criminalità.

Qui percezione è realtà sono veramente molto distanti. Siamo bombardati da servizi in tv che mostrano casi di cronaca onnipresenti e che spesso colpiscono anche l’opinione pubblica. Guardiamo ai fatti e numeri. Il periodo analizzato è addirittura quarantennale, ovvero il periodo dal 1968 al 2006 circa due reati violenti che hanno molta visibilità e dunque influenzano la percezione del fenomeno: omicidi tentati e quelli consumati.

” Dopo la forte crescita iniziata negli anni settanta, il tasso di omicidi ha raggiunto un picco nel 1991. Da quell’anno il numero di omicidi commesso nel nostro Paese ha iniziato a diminuire molto rapidamente. Secondo i dati delle Forze di polizia, per esempio, per trovare un tasso di omicidi consumati pari a quello odierno dovremmo tornare indietro fino all’inizio degli anni settanta” (Ministero Dell’Interno qui)

Tendenzialmente il dato è oggi ancora molto basso ed ha mantenuto la tendenza senza significativi cambiamenti. Quello che è interessante è che “Adolescenti e giovani, infatti, commettono proporzionalmente più reati di quanto si registri nella popolazione appartenente ad altre classi di età.” (qui). Ora l’età media in Italia è 45 anni, quindi di adolescenti e giovani possiamo tranquillamente dire che ce ne siano meno sia in termini percentuali che assoluti.

Tuttavia per quanto possa apparire assurdo, ma alla luce della conoscenza dell’euristica della disponibilità nemmeno più tanto. Il senso di insicurezza è perfino aumentato in Italia durante quegli anni, specialmente nelle donne. Infatti dal 2002 al 2009 è aumentato in tutte le classi di età (ISTAT 2013). Il fatto di sentire continuamente di omicidi o violenze in televisione o sui giornali/social ci fa rendere l’informazione immediatamente disponibile con qualche caso di riferimento e dunque siamo tentati a credere che sia frequente e probabile che ci siano omicidi in una determinata zona con una frequenza assolutamente lontana rispetto alla realtà.

Questa è una descrizione dei nostri tempi basata sui fatti e sui dati, consultabili da chiunque voglia approfondire le fonti inserite. La questione è che questo scenario sembra cozzare con la realtà che viene raccontata dai giornali, social, televisioni.

La questione è che l’essere umano rimane fortemente “sedotto” dalle notizie negative o semplicistiche e quindi quest’ultime fanno ascolti. Spesso molti giornalisti si sono “prestati” alla ricerca di titoli accattivanti (ma fuorvianti, clickbait, estremizzati) per fare numeri e vendere. Spesso le persone e i politici anche non vanno nemmeno a verificare l’attendibilità della fonte e quindi ci ritroviamo di casi basati sull’aria e che generano emozioni distorte.

Fatevene una ragione l’Italia non è perfetta, ma non è un luogo dove camminare per strada con l’angoscia ogni secondo. Ammesso che questo non sia accettabile per voi, sappiate che sicuramente si vive meglio che in passato e la qualità della nostra vita è fortemente migliorata sotto quasi tutti i punti di vista che vengono misurati. Un esempio è la salute: negli anni 60 in Italia  “la speranza di vita era di 63,7 anni per gli uomini e 67,2 anni per le donne” (qui). Pensare che la vita finisca a 63 anni per un uomo è pressappoco inverosimile o catastrofico, si pensi che nel 2018 la speranza di vita registra valori intorno 80,6 anni per uomini e 84,9 per donne in Italia.

Sicuramente ci saranno persone che hanno subito dei furti o non rientrano precisamente in queste casistiche, mi dispiace molto, ma il mio è un discorso generale che tenta di mostrare la normalità (non le singole eccezioni).

Vivere con la paura per le nostre città ci rende più fragile e ci impedisce di realizzare progetti più grandi. Questo è vero soprattutto se basiamo la nostra percezione su informazioni false. Quando la paura occupa la nostra mente, diventa una sensazione dominante che annichilisce altre emozioni positive e costruttive.

 

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